DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
4 aprile 2001, n.235
Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte
di circoli privati.
Art.1.
Oggetto e definizioni
1. Le disposizioni del presente regolamento si applicano al procedimento
relativo alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli
privati.
2. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) testo unico delle imposte sui redditi, il testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, e successive modificazioni;
b) legge, la legge 25 agosto 1991, n. 287.
Avvertenza:Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto dell’amministrazione
competente per materia, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del testo unico
delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali
della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092,
al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali
e’ operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti
legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
L’art. 87, quinto comma, della Costituzione conferisce al Presidente della
Repubblica, il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi
valore di legge ed i regolamenti.
Si riporta il testo del comma 2, dell’art. 17, della legge 23 agosto 1988,
n. 400:
- 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti
per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge
prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando
l’esercizio della potesta’ regolamentare del Governo, determinano le norme
generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme
vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.”.
- La legge 15 marzo 1997, n. 59, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 17
marzo 1997, n. 63, supplemento ordinario, reca “Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.
Si trascrive il testo dell’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59:
”Art. 20.
1. Il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta al Parlamento
un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti procedimenti
amministrativi, anche coinvolgenti amministrazioni centrali, locali o autonome,
indicando i criteri per l’esercizio della potesta’ regolamentare nonche’
i procedimenti oggetto della disciplina, salvo quanto previsto alla lettera
a) del comma 5. In allegato al disegno di legge e’ presentata una relazione
sullo stato di attuazione della semplificazione dei procedimenti ammistrativi.
2. Nelle materie di cui all’art. 117, primo comma, della Costituzione, i
regolamenti di delegificazione trovano applicazione solo fino a quando la
regione non provveda a disciplinare autonomamente la materia medesima. Resta
fermo quanto previsto dall’art. 2, comma 2, della presente legge e dall’art.
7 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato
con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3. I regolamenti sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto
con il Ministro competente, previa acquisizione del parere delle competenti
Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. A tal fine la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta
del Ministro competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi
trenta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti
possono essere comunque emanati.
4. I regolamenti entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla
data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana. Con effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di
legge, regolatrici dei procedimenti.
5. I regolamenti si conformano ai seguenti criteri e principi:
a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli
stessi risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre
il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti,
anche riordinando le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per
settori omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e costituendo
centri interservizi dove raggruppare competenze diverse ma confluenti in
una unica procedura;
b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione
dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;
c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono
presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione;
d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei
procedimenti che si riferiscono alla medesima attivita’, anche riunendo
in una unica fonte regolamentare, ove cio’ corrisponda ad esigenze di semplificazione
e conoscibilita’ normativa, disposizioni provenienti da fonti di rango diverso,
ovvero che pretendono particolari procedure, fermo restando l’obbligo di
porre in essere le procedure stesse;
e) semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili,
anche mediante adozione ed estensione alle fasi di integrazione dell’efficacia
degli atti, di disposizioni analoghe a quelle di cui all’art. 51, comma
2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;
f) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di
funzioni anche decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificita’,
l’esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali
con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei
soggetti portatori di interessi diffusi;
g) individuazione delle responsabilita’ e delle procedure di verifica e
controllo; g-bis) soppressione dei procedimenti che risultino non piu’ rispondenti
alle finalita’ e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione
di settore o che risultino in contrasto con i principi generali dell’ordinamento
giuridico nazionale o comunitario; g-ter) soppressione dei procedimenti
che comportino, per l’amministrazione e per i cittadini, costi piu’ elevati
dei benefici conseguibili, anche attraverso la sostituzione dell’attivita’
amministrativa diretta con forme di autoregolamentazione da parte degli
interessati; g-quater) adeguamento della disciplina sostanziale e procedimentale
dell’attivita’ e degli atti amministrativi ai principi della normativa comunitaria,
anche sostituendo al regime concessorio quello autorizzatorio; g-quinquies)
soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa procedimentale
di carattere generale, qualora non sussistano piu’ le ragioni che giustifichino
una difforme disciplina settoriale; g-sexies) regolazione, ove possibile,
di tutti gli aspetti organizzativi e di tutte le fasi del procedimento;
g-septies) adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche.
5-bis. I riferimenti a testi normativi contenuti negli elenchi di procedimenti
da semplificare di cui all’allegato 1 alla presente legge e alle leggi di
cui al comma 1 del presente articolo si intendono estesi ai successivi provvedimenti
di modificazione.
6. I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti
dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione
dei procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e propone
suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento dell’azione
anuninistrativa.
7. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dai commi
da 1 a 6 e dalle leggi annuali di semplificazione nel rispetto dei principi
desumibili dalle disposizioni in essi contenute, che costituiscono principi
generali dell’ordinamento giuridico. Tali disposizioni operano direttamente
nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in
materia. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali
contenute nella legge medesima.
8. In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi,
criteri e modalita’ di cui al presente articolo, quali norme generali regolatrici,
sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti dell’art. 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare i procedimenti
di cui all’allegato 1 alla presente legge, nonche’ le seguenti materie:
a) sviluppo e programmazione del sistema universitario, di cui alla legge
7 agosto 1990, n. 245, e successive modificazioni, nonche’ valutazione del
medesimo sistema, di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive
modificazioni;
b) composizione e funzioni degli organismi collegiali nazionali e locali
di rappresentanza e coordinamento del sistema universitario, prevedendo
altresi’ l’istituzione di un Consiglio nazionale degli studenti, eletto
dai medesimi, con compiti consultivi e di proposta;
c) interventi per il diritto allo studio e contributi universitari. Le norme
sono finalizzate a garantire l’accesso agli studi universitari agli studenti
capaci e meritevoli privi di mezzi, a ridurre il tasso di abbandono degli
studi, a determinare percentuali massime dell’ammontare complessivo della
contribuzione a carico degli studenti in rapporto al finanziamento ordinario
dello Stato per le universita’, graduando la contribuzione stessa, secondo
criteri di equita’, solidarieta’ e progressivita’ in relazione alle condizioni
economiche del nucleo familiare, nonche’ a definire parametri e metodologie
adeguati per la valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti
nuclei. Le norme di cui alla presente lettera sono soggette a revisione
biennale, sentite le competenti Commissioni parlamentari;
d) procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, di cui
all’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980,
n. 382, e procedimento di approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore
in deroga all’art. 5, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
e) procedure per l’accettazione da parte delle universita’ di eredita’,
donazioni e legati, prescindendo da ogni autorizzazione preventiva, ministeriale
o prefettizia. 9. I regolamenti di cui al comma 8, lettere a), b) e c),
sono emanati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per
materia. 10. In attesa dell’entrata in vigore delle norme di cui al comma
8, lettera c), il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto
dall’art. 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, e’ emanato anche nelle
more della costituzione della Consulta nazionale per il diritto agli studi
universitari di cui all’art. 6 della medesima legge. 11. Con il disegno
di legge di cui al comma 1, il Governo propone annualmente al Parlamento
le norme di delega ovvero di delegificazione necessarie alla compilazione
di testi unici legislativi o regolamentari, con particolare riferimento
alle materie interessate dalla attuazione della presente legge. In sede
di prima attuazione della presente legge, il Governo e’ delegato ad emanare,
entro il termine di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore
dei decreti legislativi di cui all’art. 4, norme per la delegificazione
delle materie di cui all’art. 4, comma 4, lettera e), non coperte da riserva
assoluta di legge, nonche’ testi unici delle leggi che disciplinano i settori
di cui al medesimo art. 4, comma 4, lettera c), anche attraverso le necessarie
modifiche, integrazioni o abrogazioni di norme, secondo i criteri previsti
dagli articoli 14 e 17 e dal presente articolo”. - La legge 8 marzo 1999,
n. 50, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 9 marzo 1999, n. 56, reca: ”Delegificazione
e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di
semplificazione 1998”.
Si trascrive il testo del punto n. 40, dell’allegato 1, della legge 8 mano
1990, n. 50: ”40) Procedimento per il rilascio della autorizzazione alla
somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli culturali privati;
testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917; decreto 17 dicembre 1992, n. 564, del Ministro dell’interno”. -
Il regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
26 giugno 1931, n. 146, e successive modificazioni, reca: “Approvazione
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”. - Il decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
31 dicembre 1986, n. 302, supplemento ordinario, e successive modificazioni,
reca “Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi”. - La legge
7 agosto 1990, n. 241, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990,
n. 192, reca: “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi”. - Si trascrivono gli articoli
19, 20 e 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241:
Art. 19.
1. In tutti i casi in cui l’esercizio di un’attivita’ privata sia subordinato
ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto
di consenso comunque denominato, ad esclusione delle concessioni edilizie
e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n.
1089, della legge 29giugno 1939, n. 1497, e del decreto-legge 27 giugno
1985, n. 312, convertito, con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n.
431, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti
e dei requisiti di legge, senza l’esperimento di prove a cio’ destinate
che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun
limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l’atto
di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attivita’
da parte dell’interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante
l’esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata
dall’autocertificazione dell’esperimento di prove a cio’ destinate, ove
previste. In tali casi, spetta all’amministrazione competente, entro e non
oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d’ufficio la sussistenza
dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso,
con provvedimento motivato da notificare all’interessato entro il medesimo
termine, il divieto di prosecuzione dell’attivita’ e la rimozione dei suoi
effetti, salvo che, ove cio’ sia possibile, l’interessato provveda a conformare
alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi effetti entro il termine
prefissatogli dall’amministrazione stessa.
Art. 20.
1. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 dell’art. 17 della legge
23 agosto 1988, n. 400, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge e previo parere delle competenti Commissioni
parlamentari, sono detenninati i casi in cui la domanda di rilascio di una
autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto
di consenso comunque denominato, cui sia subordinato lo svolgimento di un’attivita’
privata, si considera accolta qualora non venga comunicato all’interessato
il provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti,
in relazione alla complessita’ del rispettivo procedimento, dal medesimo
predetto regolamento. In tali casi, sussistendone le ragioni di pubblico
interesse, l’amministrazione competente puo’ annullare l’atto di assenso
illegittimamente formato, salvo che, ove cio’ sia possibile, l’interessato
provveda a sanare i vizi entro il termine prefissatogli dall’amministrazione
stessa.
2. Ai fini dell’adozione del regolamento di cui al comma 1, il parere delle
Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato deve essere reso entro
sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Governo procede
comunque all’adozione dell’atto. 3. Restano ferme le disposizioni attualmente
vigenti che stabiliscono regole analoghe o equipollenti a quelle previste
dal presente articolo.
Art. 21.
1. Con la denuncia o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato
deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge
richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non
e’ ammessa la conformazione dell’attivita’ e dei suoi effetti a legge o
la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante e’ punito
con la sanzione prevista dall’art. 483 del codice penale, salvo che il fatto
costituisca piu’ grave reato.
2. Le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell’attivita’
in carenza dell’atto di assenso dell’amministrazione o in difformita’ di
esso si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all’attivita’
ai sensi degli articoli 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque,
in contrasto con la normativa vigente”. - La legge 25 agosto 1991, n. 287,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 3 settembre 1991, n. 206, reca: ”Aggiornamento
della normativa sull’insediamento e sull’attivita’ dei pubblici esercizi”.
- Il decreto del Ministro dell’interno 17 dicembre 1992, n. 564, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 1993, n. 35, reca: “Regolamento concernente
i criteri di sorvegliabilita’ dei locali adibiti a pubblici esercizi per
la somministrazione di alimenti e bevande”.- La legge 30 aprile 1962, n.
283, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 4 giugno 1962, n. 139, e successive
modificazioni, reca: “Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del
testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle
sostanze alimentari e delle bevande”. - Il decreto del Presidente della
Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16
luglio 1980, n. 193, reca: “Regolamento di esecuzione della legge 30 aprile
1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica
della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.
Note all’art. 1: - Per il riferimento al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, recante testo unico delle imposte sui redditi,
e successive modificazioni, si vedano le note alle premesse. - Per il riferimento
alla legge 25 agosto 1991, n. 287, si vedano le note alle premesse.
Art. 2.
Associazioni e circoli aderenti ad enti o organizzazioni nazionali aventi
finalita’ assistenziali
1. Le associazioni e i circoli, di cui all’articolo 111, comma 3, del testo
unico delle imposte sui redditi, aderenti ad enti o organizzazioni nazionali
le cui finalita’ assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno,
che intendono svolgere direttamente attivita’ di somministrazione di alimenti
e bevande a favore dei rispettivi associati presso la sede ove sono svolte
le attivita’ istituzionali, presentano al Comune, nel cui territorio si
esercita l’attivita’, che la comunica per conoscenza alla competente Azienda
Sanitaria Locale (A.S.L.) per il parere necessario all’eventuale rilascio
dell’autorizzazione di idoneita’ sanitaria, una denuncia di inizio attivita’
ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni. Detta denuncia puo’ essere presentata anche su supporto informatico,
laddove le Amministrazioni comunali abbiano adottato le necessarie misure
organizzative.
2. Nella denuncia il legale rappresentante dichiara:
a) l’ente nazionale con finalita’ assistenziali al quale aderisce;
b) il tipo di attivita’ di somministrazione;
c) l’ubicazione e la superficie dei locali adibiti alla somministrazione;
d) che l’associazione si trova nelle condizioni previste dall’articolo 111,
commi 3, 4-bis e 4-quinquies, del testo unico delle imposte sui redditi;
e) che il locale, ove e’ esercitata la somministrazione, e’ conforme alle
norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria e ai criteri
di sicurezza stabiliti dal Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo
3, comma 1, della legge e, in particolare, di essere in possesso delle prescritte
autorizzazioni in materia.
3. Alla denuncia e’ allegata copia semplice, non autenticata, dell’atto
costitutivo o dello statuto.
4. Se l’attivita’ di somministrazione e’ affidata in gestione a terzi, questi
deve essere iscritto al registro degli esercenti il commercio di cui all’articolo
2 della legge.
5. Se il circolo o l’associazione non si conforma alle clausole previste
dall’articolo 111, comma 4-quinquies, del testo unico delle imposte sui
redditi, l’esercizio dell’attivita’ di somministrazione di alimenti e bevande
e’ subordinato all’iscrizione nel registro degli esercenti il commercio,
di cui all’articolo 2, comma 1, della legge, del legale rappresentante del
circolo o dell’associazione o di un suo delegato ed al rilascio dell’autorizzazione
di cui all’articolo 3 della medesima legge.
6. Il legale rappresentante dell’associazione o del circolo e’ obbligato
a comunicare immediatamente al Comune le variazioni intervenute successivamente
alla dichiarazione di cui al comma 2, in merito alla sussistenza dell’adesione
agli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge, nonche’
alla sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 111, comma 4-quinquies,
del testo unico delle imposte sui redditi e dal presente articolo. Resta
ferma la possibilita’ per il Comune di effettuare controlli ed ispezioni.
Note all’art. 2:
Per il riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, si vedano le note alle premesse.
Si trascrive il testo dell’art. 111 del decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917: ”Art. 111 (Enti di tipo associativo).
1. Non e’ considerata commerciale l’attivita’ svolta nei confronti degli
associati o partecipanti, in conformita’ alle finalita’ istituzionali, dalle
associazioni, da consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo.
Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi
associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attivita’ commerciali,
salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell’art. 108, le cessioni
di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso
pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari
determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali
danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito
complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi
secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualita’ o di
occasionalita’.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali,
culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione
extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attivita’
svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso
pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati
o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attivita’
e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di
un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti
e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonche’ le cessioni
anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi
prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni
di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere,
di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi
portuali e aeroportuali ne’ per le prestazioni effettuate nell’esercizio
delle seguenti attivita’:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
d) pubblicita’ commerciale;
e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. 4-bis.
Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui
all’art. 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le
cui finalita’ assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno,
non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi
specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso
le sedi in cui viene svolta l’attivita’ istituzionale, da bar ed esercizi
similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreche’
le predette attivita’ siano strettamente complementari a quelle svolte in
diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti
degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-ter. L’organizzazione di viaggi
e soggiorni turistici di cui al comma 4-bis non e’ considerata commerciale
anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria,
nonche’ da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le
quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreche’ sia effettuata
nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-quater. Per
le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate
nell’esercizio di attivita’ commerciali le cessioni delle pubblicazioni,
anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi
di lavoro, nonche’ l’assistenza prestata prevalentemente agli iscritti,
associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti
e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi
che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione. 4-quinquies.
Le disposizioni di cui ai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano
a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti
clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella
forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione
nonche’ fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo
che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento
per qualunque causa, ad altra associazione con finalita’ analoghe o ai fui
di pubblica utilita’, sentito l’organismo di controllo di cui all’art. 3,
comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione
imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalita’ associative
volte a garantire l’effettivita’ del rapporto medesimo, escludendo espressamente
la temporaneita’ della partecipazione alla vita associativa e prevedendo
per gli associati o partecipanti maggiori d’eta’ il diritto di voto per
l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per
la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico
e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) eleggibilita’ libera degli organi amministrativi, principio del voto
singolo di cui all’art. 2532, secondo comma, del codice civile, sovranita’
dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione
ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicita’ delle convocazioni
assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; e’
ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo,
anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalita’ di voto al sensi dell’art.
2532, ultimo comma, del codice civile e sempreche’ le stesse abbiano rilevanza
a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
f) intrasmissibilita’ della quota o contributo associativo ad eccezione
dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilita’ della stessa. 4-sexies.
Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 4-quinquies non si
applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con
le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonche’ alle associazioni
politiche, sindacali e di categoria”.
Per il riferimento all’art. 19, della legge 7 agosto 1990, n. 241, si vedano
le note alle premesse. Per il riferimento alla legge 25 agosto 1991, n.
287, si vedano le note alle premesse. Si trascrive il testo degli articoli
2 e 3, della legge 25 agosto 1991, n. 287:
”Art. 2 (Iscrizione nel
registro degli esercenti il commercio).
1. L’esercizio delle attivita’ di cui all’art. 1, comma 1, e’ subordinato
alla iscrizione del titolare dell’impresa individuale o del legale rappresentante
della societa’, ovvero di un suo delegato, nel registro degli esercenti
il commercio di cui all’art. 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426, e successive
modificazioni e integrazioni, e al rilascio dell’autorizzazione di cui all’art.
3, comma 1, della presente legge.
2. L’iscrizione nel registro di cui al comma 1 e’ subordinata al possesso
dei seguenti requisiti: a) maggiore eta’, ad eccezione del minore emancipato
autorizzato a norma di legge all’esercizio di attivita’ commerciale; b)
aver assolto agli obblighi scolastici riferiti al periodo di frequenza del
richiedente; c) aver frequentato con esito positivo corsi professionali
istituiti o riconosciuti dalle regioni o dalle province autonome di Trento
e di Bolzano, aventi a oggetto l’attivita’ di somministrazione di alimenti
e di bevande, o corsi di una scuola alberghiera o di altra scuola a specifico
indirizzo professionale, ovvero aver superato, dinanzi a una apposita commissione
costituita presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
un esame di idoneita’ all’esercizio dell’attivita’ di somministrazione di
alimenti e di bevande.
3. Sono ammessi all’esame previsto al comma 2, lettera c), coloro che sono
in possesso di titolo di studio universitario o di istruzione secondaria
superiore nonche’ coloro che hanno prestato servizio, per almeno due anni
negli ultimi anni, presso imprese esercenti attivita’ di somministrazione
di alimenti e di bevande, in qualita’ di dipendenti qualificati addetti
alla somministrazione, alla produzione o all’amministrazione o, se trattasi
di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore, in
qualita’ di coadiutore.
4. Salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, e fermo quanto disposto
dal comma 5, non possono essere iscritti nel registro di cui al comma 1
e, se iscritti, debbono essere cancellati coloro: a) che sono stati dichiarati
falliti; b) che hanno riportato una condanna per delitto non colposo a pena
restrittiva della liberta’ personale superiore a tre anni; c) che hanno
riportato una condanna per reati contro la moralita’ pubblica e il buon
costume o contro l’igiene e la sanita’ pubblica, compresi i delitti di cui
al libro secondo, titolo VI, capo II, del codice penale; per delitti commessi
in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per
reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti
o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine e la turbativa
di competizioni sportive; per infrazioni alle norme sul gioco del lotto;
d) che hanno riportato due o piu’ condanne nel quinquennio precedente per
delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, compresi
i delitti di cui al libro secondo, titolo VIII, capo II, del codice penale;
e) che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui all’art.
3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o nei
cui confronti e’ stata applicata una delle misure previste dalla legge 31
maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero
sono sottoposti a misure di sicurezza o sono dichiarati delinquenti abituali,
professionali o per tendenza; f) che hanno riportato condanna per delitti
contro la personalita’ dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per
delitti contro la persona commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione,
sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione.
Nelle ipotesi di cui al comma 4, lettere b), e), d) ed f), il divieto di
iscrizione nel registro di cui al comma 1 ha la durata di cinque anni a
decorrere dal giorno in cui la pena e’ stata scontata o si sia in qualsiasi
altro modo estinta ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale
della pena, dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.
art. 3
Rilascio delle autorizzazioni
1. L’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione
al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi
gradazione, sono soggetti ad autorizzazione, rilasciata dal sindaco del
comune nel cui territorio e’ ubicato l’esercizio, sentito il parere della
commissione competente, ai sensi dell’art. 6, con l’osservanza dei criteri
e parametri di cui al comma 4 del presente articolo e a condizione che il
richiedente sia iscritto nel registro di cui all’art. 2. Ai fini del rilascio
dell’autorizzazione il sindaco accerta la conformita’ del locale al criteri
stabiliti con decreto del Ministro dell’interno, ovvero si riserva di verificame
la sussistenza quando cio’ non sia possibile in via preventiva. Il sindaco,
inoltre, accerta l’adeguata sorvegliabilita’ dei locali oggetto di concessione
edilizia per ampliamento.
2. L’autorizzazione ha validita’ fino al 31 dicembre del quinto anno successivo
a quello del rilascio, e’ automaticamente rinnovata se non vi sono motivi
ostativi e si riferisce esclusivamente ai locali in essa indicati.
3. Ai fini dell’osservanza del disposto di cui all’art. 4 del decreto-legge
9 dicembre 1986, n. 832, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio
1987, n. 15, i comuni possono assoggettare a vidimazione annuale le autorizzazioni
relative agli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
ubicati in aree a particolare mteresse storico e artistico.
4. Sulla base delle direttive proposte dal Ministro dell’industria, del
commercio e dell’artigianato – dopo aver sentito le organizzazioni nazionali
di categoria maggiormente rappresentative - e deliberate al sensi dell’art.
2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, le regioni -
sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, a livello
regionale - fissano periodicamente criteri e parametri atti a determinare
il numero delle autorizzazioni rilasciabili nelle aree interessate. I criteri
e i parametri sono fissati in relazione alla tipologia degli esercizi tenuto
conto anche del reddito della popolazione residente e di quella fluttuante,
dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico.
5. Il comune, in conformita’ al criteri e ai parametri di cui al comma 4,
sentita la commissione competente ai sensi dell’art. 6, stabilisce, eventualmente
anche per singole zone del territorio comunale, le condizioni per il rilascio
delle autorizzazioni.
6. I limiti numerici determinati ai sensi del comma 4 non si applicano per
il rilascio delle autorizzazioni concernenti la somministrazione di alimenti
e di bevande: a) al domicilio del consumatore; b) negli esercizi annessi
ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente
alle prestazioni rese agli alloggiati; c) negli esercizi posti nelle aree
di servizio delle autostrade e nell’interno di stazioni ferroviarie, acroportuali
e marittime; d) negli esercizi di cui all’art. 5, comma 1, lettera c), nei
quali sia prevalente l’attivita’ congiunta di trattenimento e svago; e)
nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli
enti a carattere nazionale le cui finalita’ assistenziali sono riconosciute
dal Ministero dell’interno; f) esercitata in via diretta a favore dei propri
dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche; g) in scuole; in
ospedali; in comunita’ religiose; in stabilimenti militari, delle forze
di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; h) nei mezzi di trasporto
pubblico.
7. Le attivita’ di somministrazione di alimenti e di bevande devono essere
esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescnziom e autorizzazioni
in materia edilizia, urbanistica e igienica-sanitaria, nonche’ di quelle
sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, fatta salva l’irrogazione
delle sanzioni relative alle norme e prescrizione violate”.
Art. 3.
Associazioni e circoli non aderenti ad enti o organizzazioni nazionali con
finalita’ assistenziali
1. Le associazioni e i circoli di cui all’articolo 111, comma 3, del testo
unico delle imposte sui redditi, non aderenti ad enti o organizzazioni nazionali
le cui finalita’ assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno,
che intendono svolgere direttamente attivita’ di somministrazione di alimenti
e bevande a favore dei rispettivi associati presso la sede ove sono svolte
le attivita’ istituzionali, presentano al Comune, nel cui territorio si
esercita l’attivita’, domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 3
della legge. Detta domanda puo’ essere presentata anche su supporto informatico,
laddove le Amministrazioni comunali abbiano adottato le necessarie misure
organizzative.
2. Nella domanda, il legale rappresentante dichiara: a) il tipo di attivita’
di somministrazione; b) l’ubicazione e la superficie del locale adibito
alla somministrazione; c) che l’associazione ha le caratteristiche di ente
non commerciale, ai sensi degli articoli 111 e 111-bis del testo unico delle
imposte sui redditi; d) che il locale, ove e’ esercitata la somministrazione,
e’ conforme alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria
e ai criteri di sicurezza stabiliti dal Ministero dell’interno, ai sensi
dell’articolo 3, comma 1, della legge e, in particolare, di essere in possesso
delle prescritte autorizzazioni in materia.
3. Alla domanda e’ allegata copia semplice, non autenticata, dell’atto costitutivo
o dello statuto.
4. Se l’attivita’ di somministrazione e’ affidata in gestione a terzi, questi
deve essere iscritto al registro degli esercenti il commercio di cui all’articolo
2 della legge.
5. Il Comune, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, verifica che lo
statuto dell’associazione di cui al comma 1, preveda modalita’ volte a garantire
l’effettivita’ del rapporto associativo, escludendo espressamente la temporaneita’
della partecipazione alla vita associativa, nonche’ lo svolgimento effettivo
dell’attivita’ istituzionale. Il Comune, nel provvedere al rilascio delle
autorizzazioni di cui al presente articolo e comunque in tutti i casi che
non rientrano nella deroga di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della
legge, si attiene alle disposizioni di cui all’articolo 3, commi 4 e 5 della
stessa legge.
6. La domanda si considera accolta qualora non sia comunicato il diniego
entro quarantacinque giorni dalla presentazione della domanda.
7. Se il circolo o l’associazione non rispetta le condizioni previste dagli
articoli 111 e 111-bis del testo unico delle imposte sui redditi, l’esercizio
dell’attivita’ di somministrazione di alimenti e bevande e’ subordinato
all’iscrizione nel registro degli esercenti il commercio di cui all’articolo
2, comma 1, della legge, del legale rappresentante del circolo o dell’associazione
o di un suo delegato.
8. Il legale rappresentante dell’associazione o del circolo e’ obbligato
a comunicare immediatamente al Comune le variazioni intervenute successivamente
alla dichiarazione di cui al comma 2 in merito al rispetto delle condizioni
previste dagli articoli 111 e 111-bis del testo unico delle imposte sui
redditi e dal presente articolo. Resta ferma la possibilita’ per il Comune
di effettuare controlli ed ispezioni.
Note all’art. 3:
Per il riferimento all’art. 111, del decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, si vedano le note all’art. 2.
Per il riferimento agli articoli 2 e 3, della legge 25 agosto 1991, n. 287,
si vedano le note all’art. 2.
Per il riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, si vedano le note alle premesse.
Si trascrive il testo dell’art. 111-bis, del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917: ”Art. 111-bis (Perdita della qualifica
di ente non commerciale).
1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica
di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attivita’ commerciale
per un intero periodo d’imposta.
2. Ai fini della qualificazione commerciale dell’ente si tiene conto anche
dei seguenti parametri: a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attivita’
commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attivita’;
b) prevalenza dei ricavi derivanti da attivita’ commerciali rispetto al
valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attivita’ istituzionali;
c) prevalenza dei redditi derivanti da attivita’ commerciali rispetto alle
entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni,
le liberalita’ e le quote associative; d) prevalenza delle componenti negative
inerenti all’attivita’ commerciale rispetto alle restanti spese.
3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d’imposta in cui
vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l’obbligo
di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell’ente nell’inventario
di cui all’art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600. L’iscrizione nell’inventano deve essere effettuata entro sessanta
giorni dall’inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento
di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica
23 dicembre 1974, n. 689.
Le disposizioni di cui al comma 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici
riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili”. Art. 4. Disposizioni
finali 1. La denuncia di inizio di attivita’ di cui all’articolo 2 e l’autorizzazione
di cui all’articolo 3 valgono anche come autorizzazione ai fini di cui al
secondo comma dell’articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. 2. In caso di violazione
degli obblighi stabiliti dagli articoli 2 e 3, salvo quanto previsto da
specifiche norme, si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo
10 della legge. 3. L’organo comunale competente ordina la cessazione delle
attivita’ di cui agli articoli 2 e 3 svolte in assenza di denuncia di inizio
attivita’ o di autorizzazione, nonche’ ogni qualvolta si riscontri la mancanza
dei requisiti necessari. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato,
sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi’ 4 aprile 2001
CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri
Bassanini, Ministro per la funzione pubblica
Loiero, Ministro per gli affari regionali
Letta, Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato e del commercio
con l’estero
Del Turco, Ministro delle finanze
Veronesi, Ministro della sanita’
Bianco, Ministro dell’interno
Salvi, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Visto, il Guardasigilli: Fassino Registrato alla Corte dei conti il 5 giugno
2001 Ministeri istituzionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro
n. 7, foglio n. 162 Note all’art. 4:
Per il riferimento al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si vedano le
note alle premesse.
Si trascrive il testo dell’art. 86, del regio decreto 18 giugno 1931, n.
773: ”Art. 86 (art. 84 testo unico 1926).
Non possono esercitarsi, senza licenza del Questore, alberghi, compresi
quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffe’ o altri esercizi
in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre
bevande anche non alcoliche, ne’ sale pubbliche per bigliardi o per altri
giuochi leciti o stabilimenti di bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli
o di vetture, ovvero locali di stallaggio e simili. La licenza e’ necessaria
anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi
bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie.
anche se la vendita o il consumo siano limitati al soli soci”.
Per il riferimento alla legge 25 agosto 1991, n. 287, si vedano le note
alle premesse.
Si trascrive il testo dell’art. 10, della legge 25 agosto 1991, n. 287:
”Art. 10.
1. A chiunque eserciti l’attivita’ di somministrazione al pubblico di alimenti
e bevande senza l’autorizzazione di cui all’art. 3, ovvero quando questa
sia stata revocata o sospesa, si applica la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.
2. Alla stessa sanzione sono soggette le violazioni alle disposizioni della
presente legge, ad eccezione di quelle relative alle disposizioni dell’art.
8 per le quali si applica la sanzione amministrativa da lire trecentomila
a lire due milioni.
3. Nelle ipotesi previste dal commi 1 e 2, si applicano le deposizioni di
cui agli articoli 17-ter e 17-quater del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
4. L’ufficio provinciale dell’industria, del commercio e dell’artigianato
riceve il rapporto di cui all’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689,
e applica le sanzioni amministrative.
Per il mancato rispetto dei turni stabiliti al sensi dell’art. 8, comma
5, il sindaco dispone la sospensione dell’autorizzazione di cui all’art.
3 per un periodo non inferiore a dieci giorni e non superiore a venti giorni,
che ha inizio dal termine del turno non osservato”.